Intervista a Carlo Trevisani

Carlo Trevisani: Consigliere ADI VTAA


Le interviste all'ADI
Conosciamo il Consigliere Carlo Trevisani


Qual è la sua professione?

Faccio fatica a definire la mia professione, perché non è un fare costante e statico, ma un intreccio tra ricerca, progetto, approfondimenti, consulenze e docenza; unica certezza nella mia professione è che si basi sul design, la visione di un design pervasivo, un qualcosa di immateriale e indefinibile, una luccicanza però riconoscibile nel risultato dei progetti. Lavoro principalmente nell'ambito dell'oggettistica e dell'arredo, un po' nell'interior design e nell'allestimento; tendo a dare attenzione al rapporto uomo-oggetto e a riportare queste ricerche nelle lezioni accademiche. Non sono un designer che lavora solo quando contattato dalle aziende, spesso sono io che vado a proporre la mia figura e le mie ricerche a potenziali clienti; solitamente non ho un gruppo di lavoro e nemmeno dei dipendenti, ma ho una serie di relazioni con altri designer e professionisti con cui capita di collaborare, tutto dipende dalla tipologia del progetto in corso: se servono delle competenze particolari o se la mole di lavoro lo richiede, coinvolgo altri professionisti anche creando uno staff.

 

 

 

Come è venuto a conoscenza dell'Associazione ADI?

Ho conosciuto l'Associazione negli anni '90, grazie a un incontro con l'allora presidente Augusto Morello presso l' ISIA di Faenza dove studiavo design; un'occasione per me importante e formativa: al tempo non esistevano delegazioni territoriali, ADI era nazionale ma milanocentrica e da studenti era complicato averne accesso.

 

Quali motivazioni l'hanno portata ad iscriversi all'ADI?

Mi iscrissi a metà degli anni 2000, lavoravo a Milano in un momento di effervescenza del mondo del progetto, condito di eventi, incontri, mostre e dibattiti... nel fervore cittadino ADI era il punto di riferimento principale della professione. Qualche anno dopo iniziai la libera professione e quando rafforzai la partecipazione a mostre e fiere con delle autoproduzioni Patrizia Scarzella e Marco Migliari, all'epoca molto attivi in ADI, mi proposero di collaborare al coordinamento del Dipartimento Progettisti, invito che accettai di buon grado. Solo partecipando ai lavori a ho compreso le dinamiche associative e l'importanza di avere un ruolo attivo nell'associazione, anche esterno agli incarichi istituzionali. Consiglierei di iscriversi a ADI a tutti coloro che, facendo già parte del mondo del design, desiderassero partecipare alle attività proposte in modo attivo, non solamente con la propria professione ma anche attraverso discussioni, confronti tra realtà diverse, animati da una voglia di crescere e far crescere il sistema.


L'ADI dovrebbe essere un luogo di aggiornamento e formazione per il futuro, cosa ne pensa? Quali sono le sue aspettative?

Tutto dipende da quale punto di vista si affrontano. Non vedo l'Associazione come un luogo didattico dedicato alla formazione che può invece trovare spazio in alcune singole attività; considero ADI un luogo di incontro, un'occasione di crescita personale e professionale attraverso il confronto, il dibattito e la possibilità di istituire delle connessioni, una rete relazionale strutturata sulla ricerca, l'approfondimento e la condivisione: è il momento di rinunciare a campanilismi e timori professionali iniziando a condividere una crescita collettiva.


Considera l'ADI un mezzo di interazione culturale e multidisciplinare?

L'ADI è un'associazione di sistema attenta alle tematiche sociali e proattiva verso le dinamiche attuali e le sfide del futuro. Vedo in ADI l'intreccio di tante filiere come quella produttiva, quella dei docenti, dei critici e dei giornalisti, e credo che sia necessario trovare un modo per rivolgerci a tutte queste realtà insieme, senza ignorarne alcuna. L'unica cosa veramente comune a tutte queste categorie è la cultura del progetto: sapere chi siamo, cosa stiamo facendo, da dove veniamo e dove stiamo andando; è tramite una cultura consapevole che diventa possibile studiare delle strategie che aiutino ciascuno a raggiungere propri obiettivi e a creare delle connessioni tra le diverse categorie. Dal mio punto di vista ADI dovrebbe puntare maggiormente sul lato culturale della sua attività, creando dei dibattiti non verticali per singola categoria, ma alimentando delle discussioni ed un fermento tali da far sì che gli iscritti spingano, propongano, partecipino ed emerga così una visione comune da percorrere. La mia opinione è che la funzione primaria di ADI sia proprio quella di creare dei ponti, di tessere un intreccio di relazioni tra le filiere che la compongono, svolgendo il ruolo di connettore tra realtà diverse.

 

Carlo Trevisani
Consigliere ADI VTAA

Intervista a cura di Alice Debianchi e Sara Colizzi