Intervista a Paolo Perbellini

Paolo Perbellini: Vicepresidente ADI VTAA


Le interviste all'ADI
Conosciamo il Vicepresidente Paolo Perbellini

Qual è la tua professione?
Mi occupo dal 1986 di industrial design all’interno del mio studio Fishform.Inizialmente ci siamo dedicati a settori e progetti diversi per poi specializzarci, nei primi anni ’90, sul design delle macchine industriali.
Un’attività di consulenza che, in sintesi, potremmo dire “offre soluzioni funzionali prodotte industrialmente in una forma estetica appetibile”.
Puntiamo molto sul valore comunicativo del prodotto ovvero sul concetto di rappresentazione e riconoscibilità dell’Azienda attraverso il design delle sue macchine.



Quando hai conosciuto l’ADI?
Il mio primo incontro con l’Associazione è avvenuto molto tempo fa tramite la stampa ed il passaparola, all’epoca non esistevano i social network.
Ho sempre voluto fare il designer sin dai tempi del liceo e quando sono entrato nel mondo del design ho approfondito la conoscenza relativa alle attività culturali che vivono attorno ad esso, come l’ADI ed il premio Compasso d’Oro, riconosciuto per la sua importanza a livello internazionale e garante della qualità del design italiano.

Perché essere soci ADI?
Ritengo che l’Associazione debba essere il garante del valore del progetto, ed esserne soci una sorta di “marchio di qualità”. Inoltre, il premio ADI Design Index – indetto annualmente dall’ADI – rappresenta le eccellenze attraverso la selezione dei progetti delle diverse delegazioni territoriali.
Il ruolo dell’Associazione potrebbe assicurare l’affidabilità dei professionisti che ne fanno parte e divenire un mezzo in grado di aiutare le aziende nella selezione del designer più adatto ai loro progetti.



Che cosa dobbiamo aspettarci dall’ADI VTAA in futuro?
Il nuovo programma presentato dal direttivo dell’ADI VTAA si basa su tre parole chiave strettamente connesse e funzionali tra loro: rilanciarsi, riconnettersi e rifondarsi.
L’obiettivo che permetterà di rilanciarci e di rifondarci è il riconnettersi. Oggi manca un contatto diretto con i soci e pertanto è necessario essere presenti sulle nuove piattaforme digitali. L’Associazione deve diventare una community nella quale interagiscono professionisti, aziende e istituzioni legate dal tema del design, diventando così un luogo di aggiornamento e formazione.

Qual è il tuo ruolo all’interno della parte istituzione dell’ADI VTAA?
Ho accettato l’incarico di vicepresidente di ADI VTAA per evitare che il lavoro operativo gravasse eccessivamente sul ruolo del presidente. Il nuovo direttivo in realtà è formato da un gruppo nel quale ognuno di noi è presidente.
Mi sono prefisso di collaborare alla riorganizzazione di ADI VTAA per rivedere l’approccio nella comunicazione e il ruolo dei professionisti nei confronti delle aziende.

Quali sono le tue aspettative nel rapporto tra i professionisti e le imprese?
L’ADI deve coinvolgere maggiormente le aziende per comprendere i rapporti tra i designers e i nuovi approcci manageriali delle imprese.
Abbiamo bisogno di conoscere le aspettative delle aziende nei confronti dei designers. Chi decide quando è il momento di contattare un designer? Quali sono le reali esigenze che portano a tale scelta? Che cosa si cerca nel professionista?
Allo stesso tempo il designer deve ricoprire sempre più un ruolo di project management per interagire e interfacciarsi con le competenze richieste dalle aziende.


Come può aprirsi l’ADI alle nuove generazioni di designer?
Attraverso un’apertura verso i canali digitali, in particolar modo i social network, le piattaforme maggiormente frequentate dai giovani.
L’ADI può inoltre fornire ai designers le competenze utili per comprendere le necessità delle aziende integrando alla formazione delle scuole di design un approfondimento sul modo di rapportarsi con le imprese e sulle skills commerciali necessarie alla professione.

L’ADI dev’essere un’associazione inclusiva o esclusiva?
Dobbiamo essere assolutamente inclusivi: siamo un’associazione di filiera che unisce professionisti, imprese e istituzioni, ognuno caratterizzato da un diverso approccio al design legato alla propria attività. Esistono i designers che lavorano ad un progetto per un’industria o per un’istituzione, i design-makers che producono autonomamente quello che pensano, così come quelli attivi all’interno delle aziende, i fotografi specializzati nelle riprese di prodotto…
Competenze e declinazioni diverse e complementari che necessariamente vengono alimentate dalla continua e reciproca connessione.

 

Paolo Perbellini
Vicepresidente ADI VTAA

Intervista a cura di Alice Debianchi